I lapidari

 
a cura del prof. Odino Grubessi, Roma

 

La storia della mineralogia nasce con l’uomo, ma sono state le pietre particolari e le gemme, come il lapislazzuli, che hanno fatto la storia della mineralogia. 

Fede, magia, scienza; terapia mistica, terapia magica, terapia fisica; fiducia in potenze extra naturali e fiducia nell’azione della materia, tutto si ritrova mescolato in intimo modo nella vita che le pietre, i minerali e le gemme, ebbero nella mentalità dei nostri predecessori. 

Vita lunga e gloriosa che resse, non meno della scienza moderna, le menti del passato in una sicurezza cui ha molto da invidiare la nostra epoca che, pur conoscendo meglio la materia, ha molte ragioni in più per mettere sulle asserzioni che va facendo un punto interrogativo. 


Il Lapislazzuli. 


Questo minerale o “gemma” di colore blu azzurro, permeata di significati magici e sacrali, fu molto apprezzata e ricercata sin dal periodo neolitico. Da Mehrgarh in Pakistan, nella valle dell’Indo, provengono vaghi di lapislazzuli associati a turchese, rinvenuti in contesti databili a circa 7000 anni a.C. 
In Iran, presso Tell-i-Bakun, circa 4500 anni a.C. l’industria gemmaria locale tagliava il lapislazzuli in vaghi poliedrici cubici a spigoli smussati. 
In Mesopotamia a Tepe Gawra, centro della cultura Ubaid, il lapislazzuli faceva la sua comparsa, insieme a turchese, ametista e berillo, nel 4500 a.C. sotto forma di vaghi lavorati sul posto. 


La culla della mineralogia. 

Se è vero che la razza umana ebbe la culla in oriente anche la storia delle gemme nacque in oriente, ma è anche vero che l’Oriente fornì pietre preziose all’umanità in misura assai maggiore dell’Occidente. 
E' naturale quindi che i popoli di quelle regioni (Cina ed India in particolare) siano stati i primi maestri nell’insegnare agli altri il valore di quei corpi preziosi e i primi ideatori delle loro virtù magiche e terapeutiche. 


La Cina. 

In Cina le virtù magiche delle gemme misero profonde radici e, malgrado i divieti religiosi, tutto ciò che parlava di poteri arcani attecchì meglio che altrove. 
Queste nozioni misteriose si tramandarono per lo più nella tradizione orale, dato che la religione di Confucio ha sempre cercato di allontanare, almeno ufficialmente, ogni opera di questo genere. 


La Giada.
 

Il materiale su cui abbiamo più notizie è la “giada”. Le “giade” in Estremo oriente ed in Cina in particolare, furono sempre i minerali più apprezzati in quanto carichi di significati simbolici e di autentica “energia” cosmica. La sacralità delle “giade” fu tale da conferire loro sovranità e potenza magica, poteri medicamentosi e taumaturgici; nutrimento dello spirito e capaci di assicurare l’immortalità. Il materiale usato dai cinesi era la “giada” nefrite nelle varie gamme cromatiche che si estendono dal bianco candido al giallognolo, al grigio scuro, all’avana, fino al giallo verdastro ed al verde intenso scuro. 
I maggiori e più importanti giacimenti di nefrite del mondo antico erano situati nel Turkestan orientale cinese (Sinkiang), tra le valli di Yarkand e Khotan, lungo i contrafforti settentrionali della catena del Kuen-Lun. Sin dal Neolitico, i giacimenti alluvionali del Sinkiang fornivano ciottoli lavorabili per la produzione artistica cinese. 
Alla ricerca, circondata da una particolare atmosfera di sacralità, erano adibite soltanto le donne. Ornamenti di giada della cultura Songze (4000-3000 a.C.) sono conservati a Pechino nel museo della storia cinese. 

Al contrario presso le civiltà siro-mesopotamiche, ed egizia, egeo-cretese, greca, fenicia, etrusca e romana, le giade trovarono solo eccezionalmente impiego nella gioielleria e nella glittica. 

"..le giade sono morbide, lisce e lucenti come la benevolenza; forti, compatte, belle come l'intelligenza; affilate ai bordi, senza essere taglienti, come la giustizia; brillanti e luminose, come la purezza; i suoi difetti, che sempre si mostrano in trasparenza, richiamano alla mente la sincerità; il suo iridescente splendore rappresenta il Paradiso e le note lunghe e chiare che emette quando la si percuote sono musica celeste..." 
così il filosofo cinese Confucio (551 - 479 a.C.) interpretava la riverenza che i cinesi ebbero sempre per queste magnifiche pietre alle quali da tempo immemorabile gli uomini attribuivano tutte le virtù. Poche pietre preziose posseggono la ricchezza di leggenda e tradizione magica, il senso di mistero eterno e di imperscrutabile finezza, l'aura di antichità e opulenza che evoca una parola come giada. 
Per molti popoli giada e verde sono sinonimi; per altri giada porta immediatamente alla mente il favoloso passato della misteriosa Cina Imperiale. E infatti i cinesi fin dai tempi preistorici lavoravano un materiale che chiamavano yu ed è quello stesso che noi chiamiamo giada dall'antico spagnolo "pietra de Hijada", cioè pietra dei reni, in quanto si era soliti usarla come amuleto e mezzo di cura per le malattie renali. Furono Cortes ed i suoi conquistadores a introdurla in Europa avendo trovato moltissimi pezzi di giada lavorata nei tesori degli indiani del Centro-America. Attraverso l'Europa questa denominazione si sparse in tutto il mondo. Le civiltà di tutti i tempi hanno apprezzato questa pietra e tutte le razze che la incontrarono la tennero in alta considerazione. Nelle civiltà preistoriche, nell'area europea della Valtellina e dei Laghi Svizzeri, in Guatemala e Messico, era apprezzata per la sua durezza e utilizzata per utensili. I precolombiani facevano con essa coltelli sacrificali. Tra i Maori della Nuova Zelanda una mazza da guerriero in giada era il simbolo dell'autorità del capo e nelle Isole della Lealtà (Nuova Caledonia), i padri barattavano le loro figlie con giada. La Cina infine costruì tutta la sua civiltà attorno a questa pietra. 

Stranamente in Occidente, la natura scientifica della giada non fu completamente compresa fino a quando nel 1863 il francese Damour provò che si dava comunemente il nome di giada a due minerali in realtà ben distinti: la giadeite e la nefrite. La prima delle due è generalmente la più valutata per gioielli e sculture, perché la giadeite di alta qualità è di un colore verde brillante, mentre anche la migliore qualità di nefrite tende ad essere più scura. In Oriente invece la cultura cinese fece questa distinzione già molto tempo prima che Damour pubblicasse le sue ricerche scientifiche: infatti quando la giadeite verde brillante cominciò ad entrare in Cina, proveniente dalla Birmania, nel XVIII sec., i cinesi la chiamarono fei-ts'ui invece di yu che era il nome normalmente usato per la giada Giadeite e nefrite insieme, hanno più imitazioni della maggior parte delle altre gemme. il colore pieno e la struttura compatta la hanno infatti resa ovunque una favorita dei conoscitori di gemme. E' facile capire quindi perché altre sostanze meno buone, ne abbiano usurpato il nome nella speranza di guadagnarne pregio di riflesso. Ma è curioso, d'altra parte, che i nomi per la giada siano ancora oggi oggetto di controversia, e che tanta disinformazione, mito e superstizione circondino questa gemma. 


L’India. 

In India, al contrario della Cina, si tramandarono le virtù magiche e soprannaturali delle pietre per iscritto. A quando risalga la ideazione dei “lapidari “ indiani non è possibile stabilirlo, anche se la compilazione è abbastanza recente. I più antichi scritti dell’India classica e specialmente il Kama Sutra, hanno numerosi richiami alla magia delle gemme ed alla loro influenze sulla sorte del possessore. Col mescolarsi poi delle usanze e con i viaggi le varie colture si sommarono dando luogo ad una cultura più o meno unificata nella quale è difficile ricercare l’origine di ogni notizia. Se mancano documentazioni attinenti alle epoche primitive, esistono tuttavia testimonianze più recenti. 


La Babilonia.

Al tempo di Mitridate esisteva in Babilonia un Zachelias che scrisse per quel Re un libro in cui si attribuiva alle gemme il destino degli uomini. Sia gli Assiri che i Babilonesi usavano piccoli cilindri di pietra o di minerali sui quali erano incisi gli emblemi, i simboli, i nomi che avevano prescelto come contrassegno personale. 


L’Egitto.

Gli egiziani rivolsero assai presto la loro attenzione alle pietre preziose studiandole sotto tutti i punti di vista. Essi, però, rimasero celebri nella storia della mineralogia perché furono i primi ad imitare artificialmente gemme e pietre dure e si distinsero su tutti gli altri popoli nella difficile arte di intagliarle: arte che venne detta glittica. Molte leggende esistono di pietre meravigliose cui gli Egiziani attribuivano virtù soprannaturali, ma troppo vaghe e leggendarie. Un riflesso sulla virtù esoterica delle gemme, o per lo meno l’alto valore simbolico che gli Egiziani attribuivano alle gemme, l’abbiamo nel Libro del Levitico, dove è detto che il Signore ordinò il numero e la qualità delle pietre che dovevano ornare il razionale del Gran Sacerdote. E’ probabile che in quel libro di Mosè si rispecchino nozioni egiziane portate dal legislatore, nato ed educato alla corte dei Faraoni. La fama maggiore degli Egiziani è dovuta però alla glittica che si diffuse, in epoche che possiamo chiamare preistoriche, a Micene, a Creta, in Grecia e presso gli Etruschi. 


Dalla preistoria alla storia

Con questa serie di popoli, l’assiro, il babilonese, l’egiziano, l’ebraico, l’iranico, si fa sufficientemente chiara la mentalità orientale sul soggetto gemme e minerali. Detta mentalità, fino ad una determinata epoca storica, rimase limitata nelle regioni di nascita, senza aver modo di varcare i confini dell’Occidente. 
Fu però, una caratteristica delle prime trattazioni occidentali delle pietre, sporadiche o organizzate in veri trattati di considerare questi minerali in un modo che può essere detto scientifico, tenendo conto dello sviluppo mentale dell’epoca. 
Nacquero così i Lapidari, orientali ed occidentali, diversi per mentalità, ma con un filo conduttore comune. 


I Lapidari

L’uomo e’ sempre stato, per sua natura, attratto da ciò che era bello, prezioso, misterioso. Non e’ strano quindi il suo interessamento per le gemme, che molto spesso hanno queste tre caratteristiche in comune. Nel corso dei secoli il valore intrinseco di queste pietre si é modificato anche ad opera di fattori esterni. Alla rarità’ ed alla bellezza, si sono sommate infatti altre caratteristiche che hanno le loro radici in altre scienze che non siano la mineralogia, come ad esempio l’astrologia e la medicina. Molta era nel passato l’ignoranza dell’Uomo, ma egli per sua natura e seguendo l’istinto, ha sempre cercato una risposta alle domande che via, via gli si ponevano. Domande che trovavano pero’ una risposta sempre nell’ambito del mondo con cui era in contatto: nella natura prima di tutto, e quando questa non bastava, nelle forze soprannaturali. Non si può dire con esattezza dove, come, e perché nascono e si sviluppano le credenze umane, ma noi possiamo cercare almeno di spiegare in che modo esse siano riconducibili ad oggetti terreni in tutti i sensi: le pietre appunto. I popoli orientali furono i primi a conoscere le pietre preziose e ad attribuire ad esse magiche virtù; virtù che si potevano molto più’ facilmente riscontrare nella fantasia dei dotti dell’epoca che non nelle gemme vere e proprie. In ogni caso, dette proprietà rimasero impresse nella mente di questi popoli e le nozioni misteriose si tramandarono nel tempo in maggior parte nella tradizione orale, ma spesso anche per iscritto. 
Rappresentante per eccellenza di questi scritti può essere considerato il lapidario. I lapidari sono opere che si occupano delle pietre e delle loro molteplici qualità. A seconda dell’epoca in cui sono stati redatti e dalla nazionalità del loro autore essi hanno estensione, scopo e criteri strutturali assai diversi. Basti pensare che a volte sono costituiti solo da poche pagine, mentre a volte sono dei veri e propri libri il cui contenuto si può ricondurre alla magia, alla scienza occulta, alla medicina. Ciò che però si e’ portati a credere è che i lapidari fossero simili o comunque strutturalmente riconducibili, a manuali, testi di consultazione per gioiellieri, amatori o addirittura re e principi, perché per essi dalle gemme che avevano nelle loro insegne, dipendeva la salute, la durata del regno e la felicità del popolo.
Questi testi non nacquero subito come opere organiche ben definite, ma come ammassi di nozioni vaghe riscontrati specialmente nei poemi dell’India e della Grecia. I primi scritti non possono essere infatti considerati come lapidari dato che per lo più si tratta di libri con argomentazioni molto limitate. Con il passare del tempo però, e con l’evolversi delle civiltà questi testi assunsero forme ben definite, tanto che oggi si può parlare di vari tipi di lapidari. 

Lapidari orientali: - lapidari indiani - lapidari cinesi 

Lapidari classici: - lapidari greci - lapidari romani 

Lapidari alessandrini: - lapidari di tipo classico pagani - lapidari di tipo cristiano - lapidari glittici

Lapidari arabi: - lapidari classici arabizzati

Lapidari medievali: - lapidari di tipo classico cristiani - lapidari mistici

I Lapidari orientali: siano essi indiani o dell’estremo oriente, sono fondamentalmente magici, anche se unitamente alle altre virtù intrinseche della pietra, considerano il suo valore commerciale, i pregi ed i difetti. - Lapidari indiani Tra tutti i lapidari indiani conosciuti il “Ratnapariska” o “Conoscenza delle gemme” può senza dubbio essere considerato il padre di tutti i lapidari. L’India infatti è considerata come la culla delle pietre preziose e di tutta la scienza a loro inerente. Presso gli antichi indiani tre categorie di persone dovevano possedere la “Ratnapariska”: i commercianti che ne erano i diretti interessati; i principi, perchè un signore doveva essere sempre in grado di giudicare una pietra; i poeti che nelle descrizioni dei palazzi e delle corti esibivano tutte le gioie di cui l’ India era ricca. Il lapidario indiano e’ di un tipo molto particolare non certo per ciò che riguarda la struttura, in quanto esso segue canoni ben precisi nella descrizione (origini, qualità, difetti, virtù, prezzo), ma piuttosto per la convinzione che tutte le opere sono molto spesso dono o castigo di una divinità e perciò, a seconda dei casi, apportatrici di fortuna o sfortuna. Un popolo dalle credenze profonde e’ quello degli Indiani; un popolo che molto spesso alla cultura abbina la leggenda: nella “Ratnapariskal’ a proposito dello zaffiro si legge: “ ..là dove le singalesi agitano dolcemente con la punta delle loro dita gli steli dei giovani fiori di iris, caddero i due occhi di Daitja di un profondo color azzurro, di uno splendore che era simile a quello di un loto fiorito. Per questa ragione la terra che si stende ai bordi dei ruscelli, con una interrotta linea di foreste di plumerie in fiore, abbonda di sontuosi zaffiri che sono la sua gloria.” 

I Lapidari classici: nei lapidari classici occidentali accade invece un fenomeno differente; mentre i più antichi conservano una linea di studio obiettiva, naturalistica, basata sulle caratteristiche naturali di ciascuna pietra, sui luoghi di origine, sulle qualità organolettiche, che si spingono fino alle virtù terapeutiche, man mano che ci si avvicina alle epoche più recenti questo carattere scientifico muta per dar luogo al magismo, il cui massimo viene raggiunto nei lapidari bizantini. Il primo trattato di Mineralogia e Gemmologia che ci sia pervenuto è il lapidario attribuito a Teofrasto -“Intorno alle pietre”- scritto intorno al 315 a.C. in cui l’autore si sofferma in particolare sulle gemme adoperate nella glittica del periodo classico. Teofrasto codifica le teorie di Ippocrate e di Platone per il mondo minerale formando i primi “raggruppamenti”. Divide le “pietre” in maschi e femmine, dando origine alla teoria della loro riproduzione e attribuisce loro alcune proprietà magiche. Affiorano quindi le caratteristiche più tipiche attribuite alle “pietre” che sono essenzialmente magiche, medicinali e terapeutiche. Passaggio tra la mentalità classica occidentale e quella alessandrina e’ il lapidario “Materia medica” di Dioscoride (......a.C.) che elenca 200 pietre e gemme utili e ponte quello di Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) che racchiude credenze orientali ed occidentali. 

I Lapidari alessandrini: i lapidari di tipo classico pagani subiscono una notevole trasformazione passando per il filtro cristiano. Manipolati dai monaci, furono mondati da ogni frase di magia e fu riferito solo a Dio qualsiasi potere miracoloso che poteva avere una pietra. Trasformati cosi’ in veste cristiana i lapidari classici rimasero in vita ed aumentarono anzi il gradimento popolare e dello studioso. Un terzo tipo di lapidario si veniva pero’ delineando nell’epoca alessandrina: il lapidario glittico. Esso è di origine egiziana e molto raro nella letteratura occidentale. Le opere di questo tipo non si preoccupano della materia che costituisce la gemma, ma semplicemente dell’immagine che in essa e’ incisa ed alla quale si attribuisce tutto il valore magico e mistico. Bisogna ricordare che gli egiziani furono maestri nell’incisione delle pietre a cui assegnarono poteri misteriosi. Tale tradizione si conservo’ ad Alessandria dove ebbero particolare fortuna le pietre gnostiche, cioè pietre su cui erano incise misteriose figure che la magia dotava di arcani poteri. Le figure, incavate come sigilli, potevano essere segni astrologici, cabalistici, cristiani. Tutto era valido per far assumere ad una pietra una qualità talismanica e per confortare un credente. 

I Lapidari arabi: la serie dei lapidari arabi comincia nell’VlII secolo con “Il libro delle pietre” di Jabir Ben Hayyan. Dal punto di vista scientifico, invece, verosimilmente i più importanti sono quelli di Muhammad ibn Mansur scritto nel XII secolo che classifica le pietre per peso specifico e durezza e descrive varietà e luogo di provenienza e “Fior di pensieri sulle pietre preziose “ del mercante arabo Ahmed Ben Jussuf Al Teifash che nel 1242 scrisse un trattato molto interessante sulle pietre preziose, nel quale per la prima volta in occidente vengono citati i loro prezzi sui mercati del Medio Oriente. Le pietre proposte su quei mercati e classificate secondo la scala dei prezzi dell’epoca erano: il rubino, lo smeraldo, il diamante, lo spinello, l’occhio di gatto, lo zaffiro, lo zircone, il corindone giallo, il berillo, la turchese, il granato almandino. 

I Lapidari medievali: il cosiddetto Medio Evo fu un fedele continuatore dell’evo antico e nei lapidari di questo periodo si ritrova tutta la magia e tutto il filosofeggiare scientifico dell’antichità. Tra i molti lapidari medievali [34-pop appendice] il lapidario per eccellenza, e’ quello scritto in esametri latini da Marbodo vescovo di Rennes tra il 1067 ed il 1081 e tradotto in provenzale, francese, italiano, spagnolo, irlandese, danese ed ebraico.